Il Gioco delle Forme[1]

La Espiral Eterna per chitarra di Leo Brouwer

di Marcello Parisi

https://www.youtube.com/watch?v=HWJlo1ZrnKU 

Il modello interpretativo

A cosa serve l’analisi? Spesso si è abituati a considerare l’analisi musicale una disciplina oggettiva lontana da qualsiasi scelta interpretativa come se le sue tecniche di studio, (ritmico-melodiche e/o armoniche, di stile ecc.) potessero finalmente svelare il pensiero del compositore al momento del concepimento dell’opera. Ma un così “magico” traguardo sancirebbe l’appartenenza dell’analisi musicale al grande contenitore delle scienze occulte! Ironia a parte. Dobbiamo capire che lo studio analitico è interpretazione già dal momento in cui, di un’opera musicale, si evidenziano degli aspetti escludendone altri. L’esecutore diventa interprete solo quando, attraverso il suo modello interpretativo, mette in luce, consapevolmente, quei caratteri dell’opera musicale che ritiene rilevanti. L’analista-interprete è il musicista che preferiamo acuto conoscitore di quei processi che stanno alla base del fare e del pensare in Musica.

 

Una ri-definizione della forma: il gioco delle forme

La forma musicale è stata sempre considerata come il grande punto di riferimento del compositore, la linea guida che ha accompagnato la produzione compositiva per molto tempo attraversando diversi stili e generi musicali. Una sorta di protezione contro l’usura del tempo (basta pensare alla durata della Forma-Sonata ancora viva nell’immaginario creativo novecentesco) struttura-ponte che garantiva continuità col passato. Ma con la grande ventata di novità portata dalla rivoluzione novecentesca (con la sperimentazione di nuovi codici musicali e lo smantellamento del sistema tonale) l’impalcatura teorica tradizionale della forma musicale, è andata via via demolendosi lasciando un grande lavoro di riformulazione e decodificazione dei nuovi linguaggi musicali. Tra le macerie troviamo qua e là i residui concettuali di una forma musicale espressione del principio di unità dell’opera. Allora come far sopravvive la teoria della forma a tutto questo? Quale teoria della forma potrebbe racchiudere in un solo codice cognitivo l’estrema eterogeneità e complessità della nuova musica? Soltanto una teoria che dinamicamente si riconfigura in ogni opera e che analizza le forme coesistenti all’interno della composizione.

Il presente lavoro affronta lo studio della forma nella Espiral Eterna del compositore cubano Leo Brouwer, rivelando quei processi compositivi che si manifestano attraverso un particolare gioco di forme.

La forma a pannelli : una macro-spirale temporale

Molti pezzi composti negli anni Settanta-Ottanta del ‘900 sono impostati su questa struttura: i brani sono suddivisi in movimenti di carattere differente e ogni movimento è costituito da pannelli statici, articolati al loro interno e montati secondo diverse modalità. La composizione a pannelli è caratterizzata da un tempo circolare che subisce ogni volta una variazione di angolatura, secondo un movimento a spirale il cui centro è posizionato, volta a volta, in ogni luogo.

Quattro sono i pannelli compositivi della Espiral Eterna (indicati sullo spartito con A, B, C, D) ed ognuno ha un propria omogeneità di scrittura e una propria semplicità.

Riguardo a queste forme semplici Donatoni scrive:

Se un tempo la tendenza autogeneratrice attribuiva alla materia l’immanenza di impersonali leggi di crescita, in omaggio al tanto vagheggiato abbandono al materiale, ora sono ben certo che l’esercizio ludico dell’invenzione si pone come l’attività volontaria necessaria alla crescita: la generazione automatica viene dunque recuperata a una funzione di rivitalizzazione organica della materia, mediante prassi compositive estremamente semplici[2].

La successione dei caratteri sonoriali di ogni singola sezione della Espiral Eterna determina una forma complessiva a spirale dove ogni sezione esprime una tappa temporale in cui le trasformazioni, pur ritornando su se stesse, non ricadono mai sul punto di partenza.

In ogni sezione (o pannello) di questa composizione la ricercata scrittura di disinvolta flessuosità si mantiene sempre su toni di ostentata agilità e di delicata leggerezza, e, nonostante una notevole difficoltà di esecuzione, non si tratta di una scrittura volutamente virtuosistica, ma è semmai il risultato dell’indagine delle possibilità offerte dalle particolarità dello strumento (la chitarra), possibilità di indagare modelli performativi non ancora sperimentati, dove stasi e movimento, variante e invariante, continuo e discontinuo, vengono colti nel loro presentarsi immediato.

Di seguito analizzeremo ognuno dei pannelli compositivi cercando di individuare, attraverso varie osservazioni, le forme assunte dalla materia sonora.

Pannello A – La Forma statica: i moduli come fasce sonore

Nella Espiral Eterna i moduli di ripetizione dei frammenti ritmico-melodici, presenti nella prima pagina, assumono un particolare ruolo in ambito compositivo. La pagina iniziale del brano (sezione A) è costituita da rettangoli di ripetizione (o moduli), che hanno una determinata estensione temporale. Ognuno di questi moduli ha una particolare tessitura musicale: il risuonare delle note (arpeggio) all’interno del modulo instaura tra loro delle relazioni indirette tali da formare una sorta di micropolifonia latente.  Il numero delle relazioni, e quindi l’addensamento della micropolifonia, è funzione del numero di note presenti all’interno del modulo di iterazione, del numero di corde risuonanti e del numero di ripetizioni del modulo:

 

Addensamento Micropolifonico = (n+n°) · x

 

n = numero di note presenti nel modulo

= numero di corde risuonanti

x = numero di ripetizioni del modulo

L’addensamento permette di studiare il livello di interazione tra le note del modulo e di stabilire la complessità sonoriale del modulo che viene reiterato. La Fig. 1 rappresenta la trasposizione grafica del processo di addensamento micropolifonico che si determina nel primo modulo. Possiamo osservare che esistono tre livelli micropolifonici per ogni nota presente nel modulo; il terzo livello, dato dalla nota della corda a vuoto, merita un discorso a parte perchè assume un ruolo importante nella tessitura sonoriale del modulo. Infatti la corda a vuoto, facendo risuonare anche la sesta corda a vuoto (essendo anch’essa un mi), determina un suono continuo che, intensificando la cromatizzazione dello spazio reiterato, comporta, nel complesso, un maggiore addensamento della tessitura polifonica. Questo processo di addensamento dipende anche dal numero di ripetizioni del modulo, poiché la stabilizzazione del processo micropolifonico si ottiene soltanto con un tempo necessario affinchè le relazioni tra la singole note e tra le loro componenti timbrico-articolatorie confluiscano in un’unica testura sonoriale. Questo tipo di processo di formazione del suono genera  una micropolifonia, termine concepito dal compositore ungherese Gyorgy Ligeti che lo intende come una tessitura polifonica così densa da rendere indistinguibili le differenti voci, così che le armonie confluenti che ne risultano agiscono come forze costitutive.

La densità della tessitura polifonica, ad esempio di Lux Eternae di Ligeti, è il frutto di un’azione simultanea delle diverse componenti polifoniche, mentre qui in realtà è il risulato di un processo di reiterazione continua di eventi non sincronici (come avviene invece nel continuum per clavicembalo sempre di Ligeti). Il risultato complessivo però risulta essere simile, ossia in entrambi i casi si avverte all’ascolto un’omogeneizzazione del tessuto sonoro fino a poter ‘sentire’ delle vere e proprie fasce sonore statiche.

Nella Espiral Eterna il concetto classico di nota si trasforma assumendo la funzione di microfattore: il suono annotato perde la sua classica funzione assumendo un ruolo essenzialmente timbrico. Il gran numero di relazioni semitoniche presenti in ciascun modulo determina una sorta di omogeneizzazione del tessuto ritmico-melodico. Alla tradizionale idea di cellula motivica si sostituisce quella di oggetto-evento inteso come corpo sonoro.

La forma delle fasce sonore rappresenta la microforma, ossia la cellula formale originaria che innescherà organicamente, come vedremo, i processi compositivi che realizzano, come premesso, il gioco delle forme nella Espiral Eterna.

Pannello A – La Forma dinamica: il movimento a spirale

Nella Espiral Eterna è possibile distinguere una microforma ed una macroforma:

– la microforma è rappresentata dalla forma (statica) delle fasce sonore (moduli), come una ‘fotografia’ della materia sonora.

– la macroforma è invece rappresentata dalla forma (dinamica) del movimento a spirale percepito all’ascolto e analizzato geometricamente  attraverso due tipi di movimenti, uno diretto verso l’alto ed uno diretto verso il basso, determinati dai seguenti processi compositivi di espansione e contrazione dei moduli di ripetizione (diagrammi di Fig. 2 e 3):

– Espansione a destra del modulo (ED) = movimento in basso

– Espansione a sinistra del modulo (ES) =  movimento in alto

– Contrazione a destra del modulo (CD) = contenimento in alto

– Contrazione a sinistra del modulo (CS) = contenimento in basso

L’espansione a destra (ED) si verifica quando si aggiungono una o più note a destra del modulo precedente. Ad esempio (Fig. 2) il modulo 2 è formato dal modulo 1 + la nota fa che viene aggiunta. Dopo la stasi del modulo 1 (forma a fasce) si avverte, all’ascolto, un movimento spaziale del suono, determinato dalla nota aggiunta e visualizzato nel diagramma con un vettore diretto, per convenzione, verso il basso.

La contrazione a destra (CD) si ottiene quando si sottrae una o più note a destra del modulo di riferimento. Ad esempio il modulo 3 è il risultato di una contrazione del modulo 2 a causa della sottrazione del fa. La contrazione a destra è processo compositivo opposto all’espansione a destra, che determina un movimento verso l’alto.

L’espansione a sinistra (ES), invece, si ha quando si sommano una o più note a sinistra del modulo originario. In Fig. 2 il modulo 4 è formato dal modulo 3 + la nota do # che lo precede; l’espansione a sinistra del modulo 3 essendo un processo opposto all’espansione a destra, (movimento in basso) genera uno spostamento diretto ancora verso l’alto; anche il modulo 5 si genera per effetto dell’espansione a sinistra prodotta dall’aggiunta verso sinistra delle note mi e re# al modulo 4. Si ha quindi ancora una volta un movimento verso l’alto.

Il modulo 6 è il prodotto di una profonda trasformazione del modulo 5, che così sembra non avere alcuna relazione con l’espansione o la contrazione. Ma ad un’esame attento possiamo rilevare che l’intervallo di semitono presente al margine sinistro del modulo 5, formato dalla note mi-re#, viene riproposto nel modulo 6 con le note fa-mi. L’intervallo di semitono diventa, quindi, quell’elemento di continuità che ci permette di definire anche qui un processo di contrazione a sinistra (CS) dovuto alla sottrazione a sinistra del modulo 5 delle note do#, mi, re#, re, e contemporaneamente di espansione a destra per l’addizione del solb. La contrazione a sinistra essendo opposta a quella di destra (movimento verso l’alto) determina insieme all’espansione a destra un movimento verso il basso. È invece facile verificare, guardando il diagramma (Fig. 2),  come il modulo 7 ed il modulo 8 siano prodotti dall’espansione a destra (con ritrazione verso il basso della sola nota sol ) e di ben quattro note (fa, mi, fa#, sol#) del modulo precedente. Dal modulo 8 al modulo 9 abbiamo invece una forte contrazione a destra (sottrazione a destra del modulo 8 delle note sol, fa, mi, fa#, sol #) e una debole espansione a sinistra (aggiunta della nota re#  a sinistra del modulo 8 che determina un movimento verso l’alto).

In Fig. 3 è rappresentato il movimento a spirale che si sviluppa dal modulo 9 fino al modulo 15. Attraverso la sottrazione dal modulo 9 delle note mi e fa# a destra e l’aggiunta delle note re e mi a sinistra  si ha, rispettivamente, una contrazione a destra (CD) ed una espansione a sinistra (ES) che si traduce complessivamente in un movimento verso l’alto. Dal modulo 10 si genera il modulo 11 per effetto della contrazione a destra (CD) causata dalla sottrazione del fa, il che permette ancora il movimento verso l’alto col modulo 12 grazie all’espansione a sinistra (ES). Il movimento si inverte quando passiamo al modulo 13 per la contrazione a sinistra (CS) del modulo 12 (sottrazione del re) e scende lungo la direzione al modulo 14 per effetto di una espansione a destra (si) e al modulo 15 per l’effetto della contrazione a sinistra (mi).

Dal sedicesimo modulo fino alla fine il movimento a spirale è rappresentato, questa volta, da un cambiamento continuo dei moduli di ripetizione (qui non annotati per ragioni di spazio). Si assiste ad uno stadio avanzato del processo in cui la successione dei moduli non avviene rispettando i processi di espansione e/o contrazione, anche se è possibile riconoscere un processo CD+ES (contrazione destra/espansione sinistra) dal modulo 19 al modulo 20  ed un processo CD (contrazione destra) dal modulo 21 al modulo 22. Dall’analisi risulta che dal modulo 16 al modulo 24 i processi non sono più consequenziali  e la cromatizzazione determina una trasformazione continua. Nel modello analitico che stiamo costruendo si può immaginare questa parte finale come l’avvolgimento finale, sempre più stretto, del movimento a spirale.

Pannello B – Il sistema notazionale tridimensionale: la Forma della Percezione

In questa sezione s’intende far riferimento ad un approccio diverso dal precedente analitico, legato invece alla percezione, nei termini che De Natale definisce fisionomica[3], ossia legata alla percezione del performer (ossia l’interprete). Si è cercato di affrontare lo studio della forma musicale, pur utilizzando il metodo grafico, cercando di costruire, anche per questa sezione, un possibile modello formale.

Alla luce di queste considerazioni, il nostro fronte di ricerca si è spostato fino a ridefinire il sistema di scrittura musicale tradizionale in modo da riuscire a leggere i suoni non più in uno spazio astratto bidimensionale, quello del pentagramma, che ha valenza essenzialmente visiva, ma in uno spazio tridimensionale che ha la proprietà di evidenziare il carattere percettivo dei suoni. In tal senso ci si riferisce a uno spazio percettivo: Lo spazio percettivo rappresenta il luogo geometrico tridimensionale dei suoni  definito dagli assi X, Y, Z a cui sono associati rispettivamente i parametri acustici di durata, intensità  e altezza (Fig. 4b). Ogni suono, caratterizzato da una propria particolare natura timbrica, viene collocato in un determinato punto dello spazio tridimensionale a seconda della sua durata, intensità e altezza. Questo artificio ci permette di comprendere che la capacità di sentire ogni suono, a parità di timbro, è funzione delle sue variabili principali che sono appunto l’altezza, l’intensità e la durata. Lo spazio percettivo, offrendo la possibilità di interpretare i suoni rispetto al loro effettivo potenziale acustico-percettivo, diviene lo strumento chiave della nostra analisi olistica. Il diagramma risultante è stato definito genericamente sistema notazionale tridimensionale, e descrive la successione dei suoni nello spazio percettivo e non più su un piano solo diastematico-mensurale.

Nel Pannello B è riconoscibile un gioco dialogico tra due oggetti-evento contrapposti che chiamiamo rispettivamente elemento A ed elemento B, i quali in realtà si integrano in una sola unità figurale come mostra la figura 4a.

Possiamo immaginare l’elemento A come un capo, costituito dall’attacco del mib, realizzato dal passaggio dell’unghia sulla corda che produce un glissando e da una coda che rappresenta l’estinzione naturale della nota mib. Consideriamo il capo, il corpo e la coda  dell’elemento A nello spazio percettivo tridimensionale con riferimento alla fig. 4b:

  • Il Capo (attacco) è segnato dal primo punto della linea corrispondente alla produzione del glissato e corrisponde al punto di origine degli assi X, Y e Z.
  • Il Corpo (glissando) è rappresentato dalla linea di produzione del glissato che parte dall’origine degli assi fino ad arrivare alla nota mib (come mostra la fig. 4b). Tale nota è stata posizionata nel diagramma tenendo presente la durata (X) di circa 2 o 3 secondi, l’intensità in ff (Y) e la frequenza della nota stessa (Z). Questa linea ci indica l’evoluzione spazio-temporale del glissato e percorre trasversalmente, come possiamo osservare, lo spazio percettivo.
  • La Coda (estinzione naturale della nota mib) è stata raffigurata con la linea di estinzione della nota medesima, da cui parte percorrendo lo spazio percettivo su di un piano parallelo a quello individuato dall’intersezione dell’asse X con l’asse Y. La direzione nello spazio di questa linea indica una diminuzione della dinamica e della durata e non dell’altezza, perché, chiaramente, la nota (in frequenza) resta sempre la stessa.

L’elemento B dell’unità figurale  è costituito anch’esso da un capo, rappresentato dalla prima terzina, da un corpo costituito dalla ripetizione in accelerando della terzina e da una coda rappresentata invece dalla ripetizione in decelerando della terzina. Analogamente all’elemento A spieghiamo come sono state rappresentati  il capo, il corpo e la coda dell’elemento B nello spazio percettivo tridimensionale (Fig. 4b) :

  • Il Capo è rappresentato dalla prima terzina costituita dalle note sol, fa#, re. Ognuna di queste note non è stata posizionata a caso nel diagramma tridimensionale; infatti, la posizione esatta di ogni nota è stata individuata a seconda delle coordinate X (dinamica), Y (durata ) e Z (altezza). La dinamica in ppp (X), l’esigua durata (Y) e la relativa altezza (Z) delle note della prima terzina hanno determinato la sua particolare posizione nello spazio percettivo come mostra la Fig. 4b.
  • Il Corpo, invece, è costituito dalla ripetizione in accelerando e in dinamica crescente della terzina; l’accelerando è stato rappresentato con un graduale riavvicinamento della posizione delle note, mentre la dinamica in crescendo è stata raffigurata con un incurvamento in avanti. Possiamo così leggere tre livelli:  a) il livello superiore della nota sol  (la più acuta) ; b) Il livello intermedio della nota fa# ; c) il livello inferiore della nota re.
  • La Coda è invece la parte finale dell’elemento B. È costituita dalla parte finale dell’incurvamento in cui il decelerando è illustrato graficamente come un incremento graduale della distanza tra le note della terzina.

La rappresentazione tridimensionale dell’unità figurale ha permesso una visualizzazione della sua natura acustico-percettiva. Questo diagramma ci aiuta a comprendere come i rapporti fisico-acustici tra i suoni configurano un’area nello spazio percettivo che corrisponde all’immagine fisionomica (in quanto espressione della nostra capacità sensoriale) della percezione acustica della figura musicale. Ci sono quindi suoni ‘vicini’ come la nota mib, che è per così dire in primo piano, e suoni lontani, che sono in secondo piano, come la successione delle terzine. L’immagine configurata dalle posizioni delle diverse note nello spazio percettivo ci aiuta a comprenderne la specifica natura sonora, e a ‘materializzare’ visivamente la figura musicale. Il modello formale dell’opera, quindi, viene costruito sull’identificazione del suono con la sua immagine nello spazio percettivo; l’immagine percettiva di una data articolazione fraseologica aiuta l’interprete a rispettare la configurazione già presente nei rapporti fisico-acustici della composizione. L’insieme di tutte queste unità figurali che si ripetono quasi sempre allo stesso modo in tutta la sezione, ci suggerisce una configurazione complessiva dell’immagine nello spazio percettivo come di un grande mosaico.

Pannelli C e D – Il gioco dell’alea : la forma improvvisata

L’ultima parte della Espiral Eterna è costituita da due sezioni sviluppate su processi essenzialmente improvvisativi. Il pannello C, in particolare, rappresenta un vero e proprio gioco musicale aleatorio dove l’azione percussiva della mano destra e della sinistra sullo strumento seguono il tracciato irregolare delle note per dare solo un punto di riferimento. In questa sezione si ritrova un rapporto molto particolare tra gesto e scrittura; siamo in presenza di una scrittura aleatoria e irregolare che però necessita di una precisione gestuale estremamente ricercata. In questo senso le scritture cosiddette aleatorie non richiedono soluzioni semplicistiche digito-meccaniche di estemporanea immediatezza, ma, al contrario, proprio perché così libere impongono un’interpretazione estremamente ricercata. In quest’ottica si ha una trasformazione della consueta immagine della partitura che, dalla pagina scritta, deve proiettarsi nella mente dell’esecutore, per arrivare ad una definizione gestuale del suono. All’incirca un ventennio fa fu pubblicato un’interessante articolo a cura di Ghyslaine Guertin dal titolo  “La gestualità di Gould – Elementi per una semiologia del gesto musicale”. In questo lavoro, tra l’altro ripubblicato nel libro di F. Delalande Le condotte musicali[4], si affronta, forse per la prima volta, lo studio del gesto rispetto al suo valore semiologico. In effetti, si è trattato di un lavoro di comparazione tra gli elementi figurali de L’arte della fuga di Bach e gli elementi gestuali di Gould. La notevole corrispondenza che è stata rilevata nelle esecuzioni di Gould tra gesto e musica è il chiaro segno di una compenetrazione del gesto nella scrittura. Nel nostro caso, invece, la scrittura estremamente imprecisa e irregolare del pannello C mette in primo piano il gesto rispetto al segno scritto. Se, nel caso Gould, era la partitura estremamente rigorosa di Bach a suggerire il gesto, nel nostro è il gesto ad interpretare una scrittura dai connotati aleatori. L’analisi di questa sezione presuppone, più di ogni altra, un’indagine sulla gestualità dell’interprete per inventare una sorta di nuova scrittura affrancata dal segno scritto. Questa ‘nuova scrittura’ rappresenta la zona di transizione tra due territori confinanti, quello della composizione e quello dell’interpretazione, in cui si ritrovano quegli elementi oggettivamente interessanti colti nella materia dell’improvvisazione. L’interpretazione del pannello C di Brouwer  ci ricollega al gioco dell’alea  in cui l’elemento dell’improvvisazione, che nasce dal gesto, ci proietta in un terreno nuovo a metà strada tra creazione e interpretazione del segno scritto.

Il pannello D, inizia con una improvvisazione sulle note fa#, sol, lab e sulle figurazioni ritmiche scritte solo per avere un punto di riferimento. Queste figurazioni ritmiche ricordano alcuni  tipici elementi ritmico-figurali  afro-cubani e del linguaggio Yoruba originario della Nigeria, in accordo con le fonti culturali della poetica brouweriana. Su questi elementi ritmico-improvvisativi, che fungono da base, si incastrano delle successioni ritmico-melodiche scritte che rappresentano un livello più superficiale. Un’osservazione molto importante relativamente a questa sezione riguarda il rovesciamento della normale configurazione dello stile improvvisativo. Normalmente, infatti, si è abituati ad improvvisare su una base ritmico-armonica di riferimento in cui è possibile distinguere un livello di base costante e un livello superficiale soggetto allo sviluppo dell’improvvisazione; qui invece si assiste ad un rovesciamento di questa pratica, con un livello di base soggetto all’improvvisazione (sulle note fa#, sol e lab ) e un livello performativo costantemente adeguato alla concezione compositiva. L’ultima fase della Espiral Eterna, cioè il rapidissimo, è contraddistinta da una scrittura che segue fedelmente l’idioma chitarristico tipico della scrittura brouweriana. Quest’ultima parte è caratterizzata, infatti, da una successione rapidissima di arpeggi che, seppur scritta, assume all’ascolto un carattere di assoluta estemporaneità. Si potrebbe parlare, quindi, di una sorta di ‘improvvisazione latente’ che si manifesta nell’immanenza gestuale dell’atto virtuosistico.

Il ruolo del gioco nella definizione della forma

Il presente lavoro ha cercato di creare una possibile piattaforma teorica, che  rinnovi i tradizionali approcci analitici relativi allo studio delle forme musicali del ‘900. Il nostro impegno, seppur indirizzato alla struttura compositiva di un pezzo dell’avanguardia musicale europea degli anni ‘70 qual è la Espiral Eterna, rappresenta un  tentativo di trovare nuove forme di studio adeguate ai tempi e alla cultura del ‘900 musicale in generale. Il nostro studio sulla forma della Espiral Eterna ha rovesciato il concetto stesso di forma, non riferendolo più ad un’entità gestaltica assolutizzata, ma definendola, nella sua complessità, attraverso un gioco di forme che coesistono all’interno dell’opera musicale. Da quali forme è costituito un brano? Come funziona il suo gioco musicale inteso come modello interpretativo? Come evitare, quindi, di incasellare la musica in schemi precostituiti funzionali ad uno studio esclusivamente massimale e semplicistico? Sono questi i quesiti cardine che questo studio ha voluto sollevare, per dar vita ad una nuova mentalità di pensiero che possa affidare, alle forme del gioco, la sua ricerca nel campo dell’analisi musicale: collocare, in altri termini, al centro dello studio, il ruolo del gioco nella definizione della forma. Il gioco, probabilmente, rappresenta l’espressione di un modo di pensare contemporaneo che, in qualche modo, garantisce un approccio ontologicamente in linea con i tempi, rivelatore di quella rivoluzione culturale del ‘900 che ha proiettato l’uomo del terzo millennio in una nuova dimensione evolutiva: l’Homo ludens[5].

Riferimenti Bibliografici

  • Colazzo, Ascoltare, “Nuova Rivista Musicale Italiana”, n° 4, 1995.
  • Colazzo, Dell’ascolto, “Spectrum”, n°2/3, Ed. Curci, Milano 2002.
  • Cott: Stockhausen. Conversations with the Composer (Paperback, pp. 240, in English, Pan Books Ltd., London 1974).
  • Davies, I misteri del tempo, A. Mondadori, Milano 1996.
  • Deleuze-F.Guattari, Rizoma, Millepiani. Capitalismo e schizofrenia, Castelvecchi, Roma 2001.
  • de Natale, Strutture e forme della musica come processi simbolici-Lineamenti di una Teoria analitica, Ed. Morano, Napoli 1978, 1985².
  • de Natale, L’armonia classica e le sue funzioni compositive, Ricordi, Milano 1986.
  • de Natale, Analisi della struttura melodica, Guerini e Associati, Milano 1988.
  • de Natale, Analisi musicale – Principi teorici. Esercitazioni pratiche, Ricordi, Milano 1991.
  • de Natale, Analisi musicale in itinere, Ricordi, Milano 1996.
  • de Natale, Le insufficienze teoriche della pedagogia musicale – “Spectrum” n. 10, Ed. Curci, Milano 2005, p. 8, Parte prima.
  • Marco de Natale, La musica come Gioco – Il dentro e il fuori della Teoria, Peter Lang, Bern 2004.
  • Delalande, Le condotte musicali, CLUEB, Bologna 1993.
  • Donatoni, Questo, Adelphi, Milano 1970.
  • Epstein, Beyond Orpheus – Studies in Musical Structure, Massachusetts Institute of tecnology, trad. it. Al di là di Orfeo – Studi sulla struttura musicale, Ricordi, Milano 1998.
  • Huizinga, Homo ludens, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1964.
  • Imberty, L’oganizzazione percettiva del tempo musicale, 2004 in Capire la forma, Edt, Torino).
  • D. Kramer, The time of music, Schirmer, New York 1998.
  • D. Kramer, Concetti postmoderni di tempo musicale, “Analisi” n° 35, Ricordi, Milano 2001.
  • Parisi, Sogno e piani temporali, la nube tematica fluttuante nel Nocturnal after J. Dowland di B. Britten, Tesi di analisi musicale, Conservatorio D. Cimarosa, Avellino 2003.
[1] Il presente articolo è stato ripreso con alcune modifiche e con gentile autorizzazione del Direttore, dalla rivista Spectrum, n. 15, settembre 2006 pp. 4-12. Originariamente lo studio è stato concepito nel corso di Analisi Musicale (Diploma accademico di II livello in chitarra dell’anno accademico 2005-2006) tenuto dalla prof.ssa Evy De Marco presso il Conservatorio di Avellino.

[2] F. Donatoni, Questo, Adelphi, Milano 1970.

[3] Cfr. M. de Natale, La musica come gioco – Il dentro e il fuori della teoria, Peter Lang, Bern 2004.

[4] F. Delalande, Le condotte musicali, Clueb, Bologna 1993.

[5] J. Huizinga, Homo ludens, tr. it., “Il Saggiatore”, Milano 1964.