La musica fa parte di noi in modo così naturale che non potremmo liberarcene nemmeno se volessimo

Proponiamo un piccolo estratto di una recensione del libro di Alice Mado Proverbio “Neuroscienze cognitive della musica” che evidenzia il pensiero di Varese tra Musica e Scienza.

…….”Così, nel tentativo di individuare un’intenzionalità emotiva dell’atto compositivo, lo studio dell’autrice va in direzione di un’analisi del Così, nel tentativo di individuare un’intenzionalità emotiva dell’atto compositivo, lo studio dell’autrice va in direzione di un’analisi del fenomeno “dell’ascolto musicale”, non tanto nei termini di una mera scomposizione organicistica di ciascuna delle sue componenti – quanto nella possibilità di identificare nella mente musicale delle aree specifiche di attivazione la cui formulazione sia mediata dall’ipotesi di meccanismi cerebrali corticali e sottocorticali complessi, a volte, in reciproca sovrapposizione – laddove, tuttavia, il viatico per l’inconoscibile resta pur sempre, un punto di apertura. La ricerca della Mado Proverbio potrebbe così, a giusto titolo accostarsi alla definizione di musica intesa come “suono organizzato” attribuita Edgar Varèse, al fenomeno musicale nella sua opera The liberation of Sound. In questo saggio Varèse – aprendosi a una nuova era musicale in cui la scienza diviene dominante – non era alla ricerca di una definizione generale della musica che si potesse applicare a qualsiasi genere musicale ma utilizzava questa descrizione per distinguere le sue audaci composizioni sonore dalla musica convenzionale. In un passo egli afferma: «Ho deciso di definire la mia musica “suono organizzato” e me stesso non come un musicista ma come “un operaio dei ritmi, delle frequenze e delle intensità”». Quest’affermazione, se interpretata a mò di provocazione, potrebbe fare apparire Mozart come un tecnico di laboratorio, ma Varèse non si considerava un iconoclasta: esperto di musica antica, condivideva come molti studiosi dell’antichità una visione della musica come una sorta di lavorazione artigianale del suono in cui – contrariamente alla concezione romantica del XIX secolo occupata a concentrarsi sull’aspetto misterico e mistico dei suoni – la musica veniva analizzata in termini di frequenza e intensità….

Altrettanto interessante è  inoltre soffermarsi sull’esito scientifico dell’indagine tra ascolto e attivazione delle aree celebrali:

L’esito delle ricerche neuroscientifiche documentate da Alice Mado Proverbio conferma che nell’ascolto della propria «musica favorita o comunque, gradita all’ascoltatore, che induce quindi emozioni a valenza positiva come la gioia, il piacere o la tenerezza, attiverebbe l’area tegmentale ventrale (VTA), la corteccia striata, il circuito della ricompensa e la corteccia orbito-frontale (Trost et al., 2015), regioni che supportano il piacere e la soddisfazione. Al contrario, il senso del pathos o melodramma – sentirsi emotivamente colpiti al cuore, provare nostalgia o dolore – sarebbe associato all’attivazione cerebrale dell’insula (dolore psicologico), della corteccia cingolata (empatia e connotazione emotiva di eventi), della corteccia prefrontale ventromediale (elaborazione delle emozioni) e dell’ippocampo (memoria episodica). […] Infine il senso di agitazione e le forti emozioni negative come la tensione, l’eccitazione o l’ansia, attiverebbero invece, l’amigdala e le aree sensoriali motorie (p. 169)». Rispetto a tali corrispondenze neurali, in generale si può affermare che le emozioni più facilmente inseribili nelle tre macro-categorie estetiche (senso del sublime, vitalità e disagio) suscitano attivazioni neurali piuttosto distintive e sono piuttosto riconoscibili nella loro localizzazione neurale, mentre gli stati d’animo complessi «tendono a condividere parte dei circuiti emotivi».

 

Fonte: https://www.neuroscienze.net/neuroscienze-cognitive-della-musica/