Stravinskij dichiara che la musica non deve e non può esprimere nulla di esterno da sè, essendo un organismo autosufficente. Nel comporre egli “si traveste” da qualcun’altro, indossando forme e linguaggi musicali di altre epoche e costruendovi sopra quella che è stata definita una musica al quadrato, una musica sulla musica.
Senso è sentirsi, trovarsi in uno stato (psicofisico, d’animo, di coscienza…); provare, avvertire, avere ma anche essere colto o preso da un senso, una sensazione, un sentimento di…; avere voglia di…; avere l’impressione che…; avere l’impressione di essere, di diventare…; sentirsi immedesimato con… E quando diciamo: questa musica mi piace, mi prende, mi interessa, mi dice molto (o viceversa: non mi piace, non mi dice niente, mi lascia indifferente), queste espressioni sono usate come equivalenti; dicono, finalmente: questa musica ha Senso per me. In questo orizzonte, che riflette l’esperienza comune e quella degli artisti, significazione ed emozione sono due aspetti di una stessa sostanza che è il Senso.
L’emozione musicale è semplicemente il Senso in quanto vissuto nel profondo (nel corpo) e non ancora elaborato a livelli (mentali) di espressione. Molto Senso è molta emozione, anche se non vi è una corrispondente elaborazione espressiva, di significazione. Noi vediamo tutti i giorni la gente usare la musica con naturalezza, senza difficoltà, in tanti comportamenti individuali e tante pratiche sociali: cantare, suonare, ballare, ascoltare distrattamente ma anche con estrema concentrazione, sonorizzare ambienti, situazioni, azioni, immagini. Si può dire che la gente si comporta con la musica (almeno quella con cui è abitualmente a contatto) come con una lingua materna, un ‘linguaggio’ a tutti gli effetti: la usa in modo efficace, per vivere ed esprimere e comunicare, tutto sommato abbastanza agevolmente un Senso dove emozione e significazione e, all’occorrenza, significato stanno in perfetta continuità.
Questo implica che il senso della musica si annida, si articola e si sviluppa in tanti livelli, tante dimensioni, che sono però in continuità fra loro: a) L’area universale comprende le memorie comuni prenatali ma anche, oltre l’umano, gli archetipi cosmici che in-formano anche le strutture del corpo. b) L’area culturale è quella della competenza musicale specifica di una data cultura-società, elaborata sulla precedente base bio-antropologica con convenzioni e codici suoi propri.c) L’area individuale risulta dall’appropriazione delle due aree precedenti da parte di un soggetto umano – ciascuno di noi – in base a una sua storia personale. L’esperienza musicale è evidentemente organizzata da tantissimi codici; e in questo senso comunicare implica sia codificare/decodificare secondo codici già istituiti; sia inventare e riconoscere nuovi codici. In senso stretto, ad esempio nella teoria di Eco, il codice è una strutturazione e/o correlazione di due campi od ordini che si rinviano reciprocamente come espressione e contenuto, ovvero significante e significato.
per saperne di più : https://www.lacomunicazione.it/voce/musica-e-comunicazione/