Musicofilia di Oliver Sacks, Ed. Adelphi, Milano 2008. Pagine che si leggono in un soffio, prive di un’ipotesi da dimostrare o di una tesi da difendere; semplicemente storie di persone che nella loro malattia hanno avuto a che fare con la musica.
Alcuni l’hanno vissuta come un tormento e queste sono le storie che troviamo descritte nella prima parte del libro; l’ epilessia musicale di Eric, per esempio (p. 43), che sentiva delle musiche familiari durante l’aura che precedeva le sue crisi epilettiche, o quella di Rose per la quale la musica era un tarlo (p. 71). Rose era una parkinsoniana postencefalica risvegliatasi dopo 43 anni dimalattia grazie alla L.- Dopa2, che racconta come nel suo stato “congelato” sia stata confinata all’interno di un “recinto musicale” all’ascolto di 14 note del Rigoletto che si ripetevano senza sostanella sua mente. Persone, quindi, “ torturate” dalla musica, come Nikonov che viveva in preda ad una sorta di terrore per la musica, un’epilessia musicogena, appunto, che lo aveva indotto ad evitare qualsiasi contatto con essa e ad abbandonare la sua professione di musicista perché il solo ascolto scatenava in lui gravi crisi epilettiche. Per fortuna, non tutte le forme descritte dall’autore si verificano in forma negativa, alcune sono piacevoli e accettabili, altre rappresentano addirittura un’opportunità creativa.
E’ il caso di Joseph che aveva allucinazioni musicali chiare e intense che non presentavano distorsioni rispetto all’originale; o quello del compositore Sostakovic che, colpito durante l’assedio di Leningrado, si diceva che avesse una scheggia metallica in testa che gli consentiva di sentire musica ogni volta che la inclinava. Nella seconda parte del libro l’autore descrive le dimensioni della musicalità, nell’accezione più ampia di sensibilità musicale, un mix di energia, dedizione, passione per la musica unito ad un elemento fondamentale: “l’orecchio per la musica”. Ciascuno di noi realizza normalmente una sorta di armonia fra tutti questi elementi, consapevole che solo pochi li possiedano tutti insieme e in maniera perfetta. Lo stesso “ Cajkovsckij – ad esempio – era profondamente consapevole del fatto che la sua grande fecondità melodica non si accompagnava a un paragonabile controllo della struttura musicale; del resto egli non aveva alcun desiderio di costruire al pari di Beethoven, grandiose architetture sonore; si accontentava invece di essere uno straordinario autore di melodie” (pag. 126). Quando questa armonia è disturbata si creano dei ”disallineamenti musicali”, ovvero delle situazioni in cui la mente e il cervello si trovano in conflitto e la musicalità può creare deiproblemi.
L’ultima parte del libro approfondisce il tema della musica in rapporto all’emozione e all’identità, aspetti che, a parere dell’autore, devono sempre essere considerati insieme, per nonperder di vista la malattia in rapporto alla persona nella sua integralità. La tendenza a separare la mente e le operazioni intellettuali da passioni ed emozioni, accusa Sacks, sta purtroppo penetrando anche nelle neuroscienze. La musica possiede, invece, componenti emozionali e intellettuali che vanno osservati insieme, perché fra i due vi è in genere un rapporto di armonia e di equilibrio. In alcune malattie può accadere, però, che ci sia un’ improvvisa perdita della capacità di rispondere
emotivamente alla musica pur permanendo la capacità di riconoscerne la sua struttura formale. E’ quanto accadde a Lawrence, un medico che in seguito ad un incidente, si trovò ad essere totalmente indifferente alla musica, incapace di reazioni emozionali nei confronti della musica (pag 363).
L’esperienza di Lawrence conferma l’ipotesi dell’esistenza di meccanismi separati e distinti per apprezzare gli aspetti strutturali ed emozionali della musica, mentre è probabile che la musicalità, ovvero l’insieme delle abilità percettive, sia in un qualche modo innata in noi, mentre la sensibilità emozionale alla musica sembra essere maggiormente influenzata da fattori personali e neurologici.
Come dice O. Sacks vi sono malattie dai sintomi opposti, e come nel caso dell’amusia e dell’orecchio assoluto abbiamo qui da un lato la totale indifferenza emotiva per la musica come documenta la storia di Lawrence, dall’altro l’improvvisa musicofilia di Tony, un medico che viene colpito da un fulmine e in seguito a questo evento si appassiona improvvisamente alla musica e non può fare a meno di ascoltarla per tutto il giorno (pag 23). I soggetti colpiti dalla Sindrome di Williams, che O. Sacks chiama“ una specie ipermusicale”, sono straordinariamente reattivi alla musica sul piano emozionale, sono dotati di una particolare percettività ai suoni (pag 403). Come Crystal, una quattordicenne che accanto ad evidenti disabilità di tipo cognitivo (il suo Q.I. era di 49), presentava una straordinaria facilità ad improvvisare canzoni e poesie, o Gloria che imparò a cantare arie operistiche in più di trenta lingue diverse. Al termine di questo breve viaggio all’interno della malattia mentale, possiamo davvero dire che la
musica può parlare alle persone, penetrare nel profondo del loro animo e indurre modificazioni a molti livelli, e ciò è vero sia per i soggetti malati sia per quelli sani: è un dato dal quale la medicina non può prescindere. La musica può risvegliare, per esempio, le persone affette da sindrome parkinsoniana o post encefalica, può farle sentire vive, consentire loro di accedere alla vita. Come questo accada non è dato ancora conoscerlo, sta di fatto che è una realtà. Questo genere di pazienti sono per lo più inerti (inerte è il privativo di art, in inglese inart,) e completamente congelati, incapaci di muovere un solo passo; ascoltando la musica cominciano miracolosamente a camminare o a ballare testimoniando così il potere forte della musica nell’evocare un “io” temporalmente sopito e addormentato.
Molti sono gli aspetti che ci colpiscono in questo libro, in primo luogo l’approccio che l’autore fa rispetto alla malattia e a coloro che ne sono portatori, persone da ascoltare, prima che pazienti da analizzare, racconti di sentimenti e di vissuti prima che ragionamenti scientifici. In secondo luogo ci colpisce l’alta considerazione della musica e delle sue opportunità terapeutiche ed evocative, capaci di risvegliare, in forme e modi inaspettati, il sé delle persone, dando loro attimi di serenità e di felicità. O. Sacks ci piace, infine, per il rispetto che porta al mistero della persona, sana o malatache sia.
Tutto ciò fa di questo autore un testimone di grande umanità e lealtà, un attento osservatore
del dramma umano, pur nella forma particolare della malattia mentale.
Fonte: http://wwwdata.unibg.it/dati/bacheca/813/39426.pdf