E’ noto che Einstein iniziava la sua giornata di studio suonando il violino. Oggi sappiamo che in quel modo favoriva lo sviluppo della creatività, connessa con quella che Howard Gardner definisce l’”intelligenza musicale”.

Gli effetti erano molteplici:calma e tranquillità, rilassamento, rafforzamento dei circuiti neuronali, ristrutturazione delle sequenze logiche e, infine, attivazione del processo generativo del risultato. Perché? Una risposta a questo e a molti altri quesiti è giunta dal Prof. Enrico Granieri, il quale nel suo intervento ha illustrato le connessioni tra musica e cervello, con il supporto dei molti risultati ottenuti nel campo della ricerca neuroscientifica, in particolare della neuroestetica.

La neuroestetica è una sottodisciplina relativamente recente, che collega le neuroscienze all’estetica empirica. Essa approccia scientificamente lo studio delle percezioni estetiche e la produzione di arte. Investiga la struttura e l’attività cerebrale durante la produzione di arte e di fenomeni estetici, come pure gli effetti delle malattie cerebrali sull’ esperienza e la produzione artistica. Può quindi contribuire alla conoscenza delle funzioni e delle malattie mentali, della storia delle idee e dell’arte.

Un primo dato certo è che la musica produce stimoli uditivi articolati in maniera molto complessa. Il cervello elabora suono e musica in maniera gerarchica e distribuita, attivando processi percettivi che si svolgono contemporaneamente non in una sola, ma in diverse aree cerebrali, anche molto lontane tra di loro. La ricerca di un centro cerebrale specifico per la musica risale al XIX secolo, tramite
l’osservazione di pazienti cerebrolesi. Tuttavia, mentre Broca e Wernicke trovarono in pazienti affetti da afasia e disturbi del linguaggio lesioni cerebrali in aree specifiche, che da allora portano il loro nome, per la musica fu più difficile, in quanto le capacità musicali possono venire a mancare sia che una lesione interessil’emisfero destro sia quello sinistro, i lobi temporale, frontale, parietale o il giro di Hoeschl, forse la sede principale della musica. Sono molte le parti del cervello attivate a fronte di uno stimolo musicale.

Negli ascoltatori inesperti, l’ascolto della musica attiva la parte destra del cervello, mentre nei musicisti mette in moto la parte più razionale, quella sinistra. Il ritmo agisce su cuore e cervello apportando modifiche al sistema neurovegetativo che regola pressione, ritmo cardiaco, respirazione, sudorazione, mentre la pulsazione ritmica contenuta in alcuni tipi di musica, come ballabili e marce, attivano la corteccia motoria del cervello, stimolando nell’ascoltatore il desiderio di muoversi a tempo. Poiché la musica è una forma di comunicazione strutturata, gran parte della sua decodifica avviene nell’emisfero sinistro, mentre il destro ne coglie i processi emotivi. Le emozioni indotte dalla musica mettono in azione i circuiti di compenso e di gratificazione motivazionali, gli emisferi cerebrali, il mesencefalo, le regioni orbito-frontali e l’amigdala, una ghiandola  a forma di mandorla che attribuisce il significato emozionale agli stimoli: così il musicista proverà emozione mentre suona e a sua volta la comunicherà all’audience; l’ascoltatore proverà emozione in relazione alla musica stessa e all’esecuzione del musicista.
Differenti aree del cervello sono implicate dei diversi aspetti della percezione musicale (Peretz-Zatorre, 2005). Ad esempio, la corteccia frontale inferiore sembra implicata nel riconoscimento dell’armonia; la corteccia uditiva destra è forse coinvolta nella percezione del tempo sottostante la musica, mentre la corteccia uditiva sinistra sembra coinvolta nella percezione dei pattern ritmici sovrimposti al tempo di base (cosa che avviene quando un batterista scandisce il tempo sottostante, regolare, con il pedale della grancassa, e sovrimpone un pattern ritmico più complesso sui tamburi più piccoli con le bacchette).

Come un’orchestra, il cervello stimolato dalla musica attiva praticamente tutte le sue funzioni principali, rendendo evidente come l’addestramento musicale sia in grado di indurre significative trasformazioni nel livello di prestazioni del cervello stesso.

Per saperne di più: Musica e neuroscienze